ESPOSIZIONE DEI NUOVI LAVORI - Udine
MAKE
Spazio espositivo
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La fotografia estesa
“La fotografia estesa” è una sequenza di immagini sottoposte ad
un processo di rielaborazione fotografica e pittorica. Come
fotografo, Enzo Comin ha rinunciato alla produzione di nuovi scatti
fotografici e come pittore, Raffaele Santillo ha rinunciato alla tela
bianca: entrambi partono da immagini già esistenti di cui si
appropriano per delineare il profilo di un totale altro. Partendo dal
presupposto che per “altro” si intende tutto ciò che non
concerne l’identico a sé, il risultato lo si può individuare come
un processo per rappresentare nel suo significato più assoluto la
diversità; anche immaginata o inesistente. Una sorta di linguaggio
universale.
La serie formata assieme ha come punto di partenza una fotografia che
entrambi gli artisti rielaborano trasformandola ciascuno in una nuova
immagine usando la loro usuale, personale tecnica. Questo nuovo
elaborato, però, viene poi scambiato vicendevolmente più volte così
che Comin ne crea ulteriori partendo da quello di Santillo e
viceversa.
Il punto di partenza di queste riflessioni è il riconoscere già
nelle foto scattate in passato (anche in quelle di sconosciuti
trovate sui banchi di libri usati o sul web) il germe (le
potenzialità) di nuove rappresentazioni, come se ognuna di queste
immagini contenesse l’inizio di innumerevoli racconti, tanto da
rendere inutile la produzione di nuovi scatti. Tutto ciò che è già
stato rappresentato in fotografia, e in ognuno dei frame di una
pellicola può aprire il nostro sguardo e la nostra immaginazione su
infiniti mondi, questo processo è amplificato se a guardare le
immagini non sono solo i nostri occhi ma anche quelli di un altro.
Nella sua professione, un fotografo replica ad ogni scatto quanto è
già stato visto – sia perché la foto testimonia quanto abbiamo
sotto ai nostri occhi, sia perché è ogni volta una raffigurazione
di una esperienza che rientra nel prevedibile, nel riscontrabile.
Nella fotografia estesa si inseriscono nuove variabili, una di queste
è l’attesa; che non si intende come il lasso di tempo utile alla
realizzazione dell’opera, ma quello che intercorre nel passaggio
dell’immagine fra un artista e l’altro. In quel periodo, si
rimane in attesa di ricevere il proprio lavoro restituito in un nuovo
aspetto, imprevedibile. Questo comporta una specie di
spersonalizzazione dell’immagine prodotta: seppure l’autore la
realizza, non la determina – perché egli è consapevole della
separazione ma non del risultato che questa permetterà.
Il limitarsi ad immagini che già esistono libera paradossalmente
l’autore dal copiare e gli permette di far emergere qualche cosa di
non visto, rimasto nascosto al momento dello scatto e che ora può
scoprirsi e sorprenderci. Questo non visto, questo “altro”, non è
nel semplice aggiungere o sottrarre soggetti oppure nell’alterare
la foto iniziale, ma nel dialogo tra questi elementi che compaiono o
scompaiono e nel modo in cui le varie presenze sono tra di loro
agganciate o sganciate. Pertanto, all’interno delle immagini ci
sono delle componenti che in modo continuo si ripetono in ciascun
elaborato e che si possono evolvere in modo indipendente da esse come
un ospite che si sposta a proprio piacimento da una foto all’altra.
Quindi, nell’affrontare un disorientamento nel disconoscere e
riconoscere in continuo l’immagine e nella fiducia verso il collega
a cui affida il proprio lavoro, l’autore potrà ottenere la
manifestazione di un aggregato che sia a lui appartenente e al
contempo sconosciuto: l’ospite estraneo.
Gli artisti Enzo Comin e Raffaele Santillo propongono pertanto una
selezione dei loro lavori personali e di quelli realizzati insieme:
in collaborazione, in autonomia, manualmente, in digitale…
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