Presentazione
La fotografia estesa
(2017-)
“La fotografia
estesa” è una sequenza di immagini sottopposte ad un processo di rielaborazione
fotografica e pittorica esteso in un intervallo di tempo. Come fotografo, Enzo
Comin ha rinunciato alla produzione di nuovi scatti fotografici e come pittore,
Raffaele Santillo, ha rinunciato alla tela bianca: entrambi partono da immagini
già esistenti e di cui si appropriano per delineare il profilo di un totale
altro. Partendo dal presupposto che per “altro” si intende tutto ciò che non concerne
l’identico a sé, il risultato lo si può immaginare come un processo per
rappresentare la diversità nel suo significato più assoluto; anche non
esistente o immaginata. Una sorta di linguaggio universale.
Se Comin e Santillo sono in grado
di realizzare immagini che siano composte da elementi esterni da esse e da loro
è perché ogni immagine già esisterebbe in una qualche forma. Il punto di
partenza di queste riflessioni è il riconoscere già nelle foto scattate in
passato (anche in quelle di sconosciuti ritrovate per caso su una strada) ciò
che si vorrebbe rappresentare, come se ci fossero già abbastanza immagini per
ogni soggetto oppure che tutto sia già stato rappresentato. Infatti, nella sua
professione, un fotografo replica ad ogni scatto quanto è già stato visto – sia
perché la foto testimonia quanto abbiamo sotto ai nostri occhi, sia perché è
ogni volta una raffigurazione di una esperienza che rientra nel prevedibile,
nel riscontrabile.
Il limitarsi ad immagini che già
esistono libera paradossalmente l’autore dal copiare e gli permette di far
emergere qualche cosa di non visto, rimasto nascosto al momento dello scatto e
che ora può scoprirsi e sorprenderci. Questo non visto, questo “altro”, non è
nel semplice aggiungere o sottrarre soggetti oppure nell’alterare la foto
iniziale, ma nel dialogo tra questi elementi che compaiono o scompaiono e nel
modo in cui le varie presenze sono tra di loro agganciate o sganciate.
Pertanto, all’interno delle immagini ci sono delle componenti che in modo
continuo si ripetono in ciascuna fotografia e che si possono evolvere in modo
indipendente da essa come un ospite che si sposti a proprio piacimento da una
foto all’altra.
La serie proposta ha come punto
di partenza una fotografia che entrambi gli artisti rielaborano trasformandola
ciascuno in una nuova immagine usando la loro usuale, personale tecnica. Questo
nuovo elaborato, però, viene poi scambiato vicendevolmente più volte così che
Comin ne crea ulteriori partendo da quella di Santillo e viceversa.
Il fattore che equilibria tale
procedimento è l’attesa; che non si intende come il lasso di tempo utile alla
realizzazione dell’opera, ma quello che intercorre nel passaggio dell’immagine
fra un artista e l’altro. In quel periodo, si rimane in attesa di ricevere il proprio
lavoro restituito in un nuovo aspetto, imprevedibile. Questo comporta una
specie di spersonalizzazione dell’immagine prodotta: seppure l’autore la
realizza, non la determina - perché egli è consapevole della separazione ma non
del risultato che questa permetterà.
Quindi, nell’affrontare un
disorientamento nel disconoscere e riconoscere in continuo l’immagine e nella
fiducia verso il collega a cui affida il proprio lavoro, l’autore potrà
ottenere la manifestazione di un aggregato che sia a lui appartenente e al
contempo sconosciuto: l’ospite estraneo.
Commenti
Posta un commento